(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook di Damiano Leo)
Ricevo da Damiano Leo e pubblico il racconto "Una maschera speciale". Buona lettura!
"Una maschera speciale"
"Una maschera speciale"
«Brava, Giovannina, questa volta sei stata proprio
brava» le avevano detto le amiche sarte.
Avevano
studiato quel vestito di carnevale in tutte le sue parti. Fili, tessuti,
cerniere ed altre diavolerie erano stati scelti con la massima cura. Poteva
dirsi soddisfatta, Giovannina e, soprattutto, poteva partecipare al concorso
organizzato dalla Pro loco di San Michele Piovano, il paese a nove
chilometri. “La maschera più bella” lo
avevano intitolato ed era già alla quinta edizione.
Non le era
mai venuto in mente di partecipare ad un concorso, riservata com’era. Ma le sue
amiche sarte insistevano. Il suo vestito meritava sicuramente d’essere
ammirato. Non ne avevano mai visto uno così ben fatto e ricco di particolari.
Rifinito a tal punto da potersi considerare una vera opera d’arte. Sarebbe
stato un peccato non indossarlo alla sfilata. Quando qualcosa riesce a puntino
è giusto renderlo noto e poi c’era la possibilità di vincere un bel
gruzzoletto, perché non provare?
Per quel
bel vestito di carnevale Giovannina aveva scomodato la memoria di quella
povera, defunta di sua suocera. O forse era stata quest’ultima a scomodare la
nuora ancora in vita. Le era apparsa in sogno e le aveva consigliato di mettere
da parte, almeno per un po’, la sua aria funebre. La vita è una, e va vissuta
fino in fondo. Basta musi. Basta gonne nere, pantaloni neri, maglioni neri,
scialli neri. Prenditi un po’ di tempo per te. Esci, vai a ballare e a
carnevale confezionati un bel vestito, uno di quelli che lasciano col fiato
sospeso e buttati nella mischia. Una volta tanto fai festa anche tu. Divertiti.
Non c’è nulla di male.
La
suocera, in sogno, la sapeva proprio lunga. Volle persino suggerire, all’amata
nuora, cosa doveva indossare per carnevale. Cerca questo e quest’altro. Taglia
qui, cuci là, allunga, accorcia, filo bianco, filo rosso, questo e quell’altro
materiale, stai attenta qui, guarda là, brava così. Vedrai che meraviglia.
Il sogno
di Giovannina, in meno che non si dica, prese forma.
Suocera e
amiche sarte l’avevano convinta. Pregò Carmelo, suo marito, di iscriverla a
quel benedetto concorso. Il vestito di carnevale c’era, lo aveva cucito così
come aveva voluto sua madre e le amiche sarte lo avevano promosso.
Chi sogna
numeri, li gioca. Giovannina aveva sognato un vestito di carnevale, doveva
cucirlo. Lo aveva confezionato ed era riuscito bello come un sogno. Se lo
guardò mille volte. Lo trovò interessante. Sparì dietro alla tenda della camera
da letto per non essere vista. I figli potevano non capire. L’ultima volta che
si era mascherata non era ancora nato nessuno di loro. Carmelo odiava i balli
in maschera. Poteva mai sopportare una moglie in costume carnevalesco? Dietro
la tenda Giovannina si specchiò come poteva e si piacque. L’abito di carnevale
le stava a pennello. Il sogno di sua suocera si stava realizzando.
A San
Michele il corso gremiva di maschere. Carmelo poteva dormire tranquillo:
nessuno avrebbe riconosciuto la sua Giovannina. A carnevale è consentito essere
qualcun altro. Gli addetti al concorso garantivano l’anonimato di tutti i
partecipanti. Carmelo era tranquillo. Forse per la prima volta in vita sua
poteva sollazzarsi. Si guardò curioso tutte le maschere in gara. Guardò, per un
momento, altrove. Sua moglie scomparve tra i tanti mascherati.
Saettò più
volte nella strada che ospitava i concorrenti. Vide Arlecchino, Pantalone,
Giamburrasca, Meneghino, e poi un altro Arlecchino, un altro Pantalone, un
altro Giamburrasca, Meneghino, Capitan Uncino, Mangiafuoco, Cenerentola e
tante, tante altre maschere ancora, ma di sua moglie neanche l’ombra. Dove
diavolo si sarà cacciata, combinata com’era!
Cercò e
ricercò sua moglie. Niente. Giovannina era come sparita nel nulla. Pazientò
finché l’ultima maschera sparì all’orizzonte.
Carmelo, sempre più addolorato, non seppe far altro che recarsi in
caserma.
Sua moglie era lì,
accusata d’oltraggio al pubblico pudore. E non ci fu verso di spiegare ai
militi che Giovannina non era nuda. Semplicemente indossava un’opera d’arte e
non era in condizioni adamitiche.
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