mercoledì 30 dicembre 2015

La famiglia Suma (Le bicchjerare)

(Famiglia Suma , "le bicchjerare", collezione privata famiglia Suma)


"Le bicchjerare"

 
Alcuni giorni fa, mentre rovistavo in alcuni cassetti pieni di cianfrusaglie, ho trovato una vecchia foto in bianco e nero. La foto ritrae la famiglia Suma (le bicchjerare) al completo. Al centro della foto vediamo Angelo Suma, patriarca della famiglia, con la moglie Concetta Urso. I due coniugi sono circondati dai figli: Vincenzo, Vittorio, Anna, Grazia, Antonio, Michele, Maria, Omobono, Cosimo e Pietro.
 


"Concerto di Natale"



Le foto pubblicate nel presente post sono tratte dalla pagina facebook "Coelium"



Concerto di Natale del 27 dicembre


Ricevo e pubblico
 
 
COMUNICATO STAMPA

 

 

Domenica 27 dicembre nella Chiesa di San Rocco si è tenuto un Concerto
Natalizio a cura dell’associazione Caelium, presieduta dal M° Massimo
Gianfreda.
Le associazioni (Amici del Borgo Antico, Ceglie nel cuore, Centro
artistico musicale Caelium, Comunità di Ceglie Messapica Onlus, Lions
Club Ceglie Messapica –Alto Salento, Rotary Ceglie Messapica – Terra dei
Messapi, Rotary Strasburgo e Unitre di Ceglie Messapica), che si sono
unite nell’unico intento di contribuire  all’acquisto dell’arredamento
del Centro di Prima Accoglienza della Caritas intitolato a “Madre Teresa
di Calcutta”, con questa serata hanno voluto informare e sensibilizzare
ancor di più la comunità tutta alla partecipazione solidale per la
ristrutturazione del Centro.
Il Parroco don Lorenzo Elia, dopo aver fatto i saluti iniziali, ha
sottolineato la sua ferma volontà di portare a termine questo progetto
insieme agli altri parroci, proprio in questo Anno giubilare
straordinario, prendendo alla lettera il messaggio di Papa Francesco di
realizzare un'Opera-Segno a sostegno delle famiglie bisognose della
comunità. In seguito, il progettista dell’opera geom. Rocco Urso ha
illustrato gli interventi a farsi relativamente agli immobili che
ospiteranno il Centro Caritas, che sarà dotato di appartamenti forniti
di tutti gli spazi e arredi necessari.
Subito dopo, un concerto di artisti e musicisti ha riempito di note le
alte e suggestive navate della chiesa. Gli artisti  Elsa Ernestina
Gianfreda (soprano), Mauro Francioso (chitarra), Alessandro Ciracì
(clarinetto) e Benedetta Matarrelli (pianoforte) hanno offerto
gratuitamente un momento di alta musica a tutti i presenti. Un momento
particolare è stato riservato dal presidente dell'associazione Comunità
di Ceglie Messapica Onlus, dott. Gianfranco Elia, in ricordo della
socia, l’avvocato Grazia Vitale, prematuramente scomparsa e per la quale
è stato eseguito dalle artiste Gianfreda e Matarrelli il brano “Salve
Regina “ di Leonardo Leo.
Come da programma, alla fine del concerto, il coro dell’Unitre di Ceglie
Messapica si è esibito nell’esecuzione di alcuni brani natalizi.


 
 
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 28 dicembre 2015

Damiano Leo: "Gli amici si vedono nel bisogno"

(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook  di Damiano Leo)

 Ricevo da Damiano Leo e pubblico il racconto "Gli amici si vedono nel bisogno". Buona lettura!
 
 
 
"Gli amici si vedono nel bisogno"
 
 
Gli avevano assegnato la stanza 76 del settimo e ultimo piano. In ospedale c’era solo quel posto. Prendere o lasciare. Lui, però, non lo sapeva almeno fino a quando si riebbe. Lo avevano strappato alla morte quasi per miracolo, dopo quel tremendo incidente in autostrada.
Ad Alfonso, l’uomo dell’incidente, non piaceva fare troppe domande. Al dottore, che ogni mattina lo visitava, non aveva chiesto neppure cosa esattamente gli avesse procurato quel maledetto salto nel vuoto. Aveva capito da solo che, almeno fino a quel momento, era legato al suo letto d’ospedale.

Al suo compagno di stanza, sistemato proprio sotto l’unica finestra dalla quale si poteva guardare fuori, non aveva mai chiesto nulla. Sapeva solo che era lì perché aveva scambiato una bottiglia di varichina per una di vino. Ne aveva bevuto un lunghissimo sorso prima di rendersi conto che qualcosa non era andata come doveva. Era ricoverato da circa un mese e questo lo aveva letto sulla cartella clinica quando, erroneamente, gliela avevano appoggiata proprio sotto gli occhi.
Alfonso se l’era vista proprio brutta. Ma lui non lo sapeva e non lo avrebbe saputo mai se non glielo avesse voluto raccontare proprio il suo compagno di stanza. L’uomo che aveva il privilegio di poter guardare fuori. Cominciava ad essergli sempre più simpatico. Nei giorni successivi al suo risveglio proprio non lo sopportava. Gli dava sempre e solo le spalle. Lo sentiva commentare su questa o quella passante, ma a lui che non poteva vedere, immobilizzato com’era, non riferiva neanche i colori dei capelli, meno che meno il volume delle loro rotondità.
Chissà cosa avrebbe fatto, Alfonso, per sapere cosa stava succedendo fuori da quel sempre più maledetto ospedale. Non gli restava, a quel punto, che cominciare a chiedere. Una lunga degenza, qualche volta, può cambiare le nostre abitudini. Alfonso cominciò a bersagliare di domande il suo vicino di letto. Sempre con più insistenza. Sarebbe andato lui alla finestra, senza chiedere. Non poteva. Proprio non poteva.
«Dimmi chi passa? Com’è? Alta, bassa, magra? Che fa? È quella di ieri? Di che colore è la gonna? Gli occhi? I capelli?». Una mitragliatrice. Un vulcano in eruzione. Domande su domande sul capo sempre più stanco del degente con il letto sotto la finestra. Alle prime domande aveva preferito non rispondere. O forse non poteva. Ma lui, il povero Alfonso che non poteva lasciare il suo letto, era diventato sempre più petulante, sempre più desideroso di sapere cosa diavolo succedeva là fuori. Dimmi, cosa succede in questo cavolo di paese. Ti prego racconta, racconta.
Il compagno di stanza si allungò più che poteva verso la finestra. Ripassò a memoria le tante domande che il povero Alfonso gli aveva rovesciato addosso. Non sentì il bisogno di farsele rifare e cominciò a raccontare, raccontare, raccontare, sempre con gli occhi fissi alla finestra. Raccontava, la sera, fino ad addormentarsi, per la gioia del suo amico Alfonso, l’uomo che non poteva lasciare il suo letto.
Gli amici si vedono nel bisogno.
Alfonso, finalmente, sapeva giorno per giorno cosa succedeva là fuori. L’amico di stanza aveva continuato a raccontargli tutto, proprio tutto, con dovizie di particolari. Persino i colori, tutti i colori.
Fino a quando i parenti dell’amico vennero a prenderselo. Gli tolsero il pigiama. Lo rivestirono come fosse un bambino. Gli allacciarono persino le scarpe. Dal suo armadietto tirarono fuori uno strano bastone rosso e bianco. L’amico lo cercò a tentoni nel buio. Finalmente lo afferrò, l’amico della sua cecità e lasciò che lo accompagnassero fuori.
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 21 dicembre 2015

Damiano Leo: "Un presentino"

(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook  di Damiano Leo)


 Ricevo da Damiano Leo e pubblico il racconto "Un presentino". Buona lettura!


 
"Un presentino"
 
 
 
Otto ore di pullman separavano Gennarino dalla sua numerosa famiglia.
L’ultimo della nidiata doveva laurearsi, finalmente. Doveva discutere la tanta sospirata tesi. Frutto maturato grazie ad una sfilza di esami tutti giocati intorno al 30. Il ragazzo andava gratificato. Ne aveva tutto il diritto.
Nonostante il costo quel mezzo per il Nord andava proprio preso.
Gennarino, gioia di mamma e di papà, orgoglio dei tuoi fratelli, preparati, arriviamo.
L’incontenibile notizia era giunta agli orecchi degli amici più fidati di mamma Giovannina. Vogliamo anche noi dare un presentino al neo dottore, una cosuccia, giusto il piacere di fargli sapere che anche noi, come voi, siamo felici per lui.
La donna, palesemente emozionata, si trovò tra le mani un morbido pacchettino. Lo tastò più volte. Le premeva scoprire in anticipo cosa trasportava, ma non ne venne a capo. Non lo avrebbe certo detto a nessuno, se anche avesse indovinato il contenuto, giusto per capire se suo figlio avrebbe gradito. Non ci fu verso. Dovette rassegnarsi.
Decise, però, mamma Giovannina, di portare il pacco in aula magna, in quella dove Gennarino stava discutendo la tesi. Solo aprendolo subito dopo la nomina a dottore di suo figlio, avrebbe accorciato i tempi dell’attesa.
Chissà perché, più del figlio, fremeva dalla voglia di sapere cosa conteneva quella busta floscia e senza odori.
La aveva odorata e fatta odorare almeno una ventina di volte, anche a Carmelo, suo marito, a qualcuno dei figli e a nessuno era venuto in mente niente. Bisognava aspettava che il chiarissimo presidente di commissione, recitata la formula di rito, autorizzasse i festeggiamenti.
Con il potere conferitomi… eccetera eccetera. Visto qui. Visto lì. Con la votazione di 110 la dichiaro dottore in medicina e chirurgia.       L’illustrissimo presidente aveva sentenziato.
Ora potete fare i vostri auguri al candidato. Mamma Giovannina si precipitò sul neo dottore. Lo incoronò soffocandolo con un sonoro bacio e incominciò a scartare il presentito degli amici. Ne venne fuori una bianca t-shirt sulla quale campeggiava un'enorme scritta rossa che recitava: MI HO LAUREATO.
In aula qualcuno, letta la scritta, si abbandonò ad una sonora, lunga risata.
L’intera commissione, capitanata dal chiarissimo professore, direttore di ben due illustre università, proprio non capivano perché. Qualcuno continuava a sganasciarsi dalle risa e loro, quelli della commissione, leggevano la scritta e proprio non capivano cosa ci fosse che non andava.
 

sabato 19 dicembre 2015

Ceglie Messapica: le "Grotte di Montevicoli"

(Grotte di Mntevicoli, foto proveniente dall'archivio del fotografo Antonio Spalluti)



Le Grotte di Montevicoli
 
La foto del presente post proviene dall'archivio del fotografo Antonio Spalluti
 
 

giovedì 17 dicembre 2015

"Due occhi per chi non vede"

 
 
Ricevo e pubblico
 
 
COMUNICATO STAMPA

Il Lions club Ceglie Messapica Alto Salento ha promosso un service di alto valore sociale denominato "Due occhi per chi non vede", con una raccolta fondi per il servizio Cani Guida Lions.
L'evento si terrà sabato 19 dicembre 2015, presso il Teatro Comunale di Ceglie Messapica, alle ore 20:30.
Il programma prevede l'esibizione della Scuola di Danza della Maestra Luisa Sardelli. Inoltre, nel corso della serata, sarà consegnata la Borsa di Studio "Michele Caliandro" allo studente Angelo Spilotro. Lo studente cegliese che quest'anno ha superato gli esami di maturità con il massimo dei voti e la selezione per l'ammissione al Corso di Medicina e Chirurgia.
La serata sarà presentata da Isa Vitale.

lunedì 14 dicembre 2015

Damiano Leo: "Rimorsi"


(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook  di Damiano Leo)


 Ricevo da Damiano Leo e pubblico il racconto "Rimorsi". Buona lettura!


 
"Rimorsi"
 
 
 
Nella prima quindicina di giugno, quando a scuola facevano la melina, mio zio, immancabilmente, si trasferiva in campagna. A pochi chilometri dal paese. Prenotava un treruote. Caricava pentolame, vestiti, cianfrusaglie varie e moglie e si rifugiavano al trullo. Non avevano figli, solo nipoti, creature dei tanti germani. Io fra loro.
Scalpitavo per raggiungerli. I miei, anche per allentare le loro incombenze, me lo consentivano. Lo zio mi veniva a prendere con la sua bicicletta color canna di fucile. A destinazione mi assestava due o tre forti pacche sulla spalla. Era il suo modo di darmi il benvenuto. La zia gli ricordava di non essere troppo violento con il bambino. Troppo fragile per le sue manacce. Troppo sensibile - diceva lei - per il suo modo d’accogliere il nipotino. Io, invece, pensavo che al suo posto avrei fatto lo stesso e non ci facevo caso. Raggiungevo, in un battibaleno, il mio campo di battaglia.
Uno dopo l’altro mi tornavano in mente tutti gli esperimenti e il passa tempo degli anni precedenti. Quello, però, che più mi dava soddisfazione, ma anche rimorsi, era individuare l’animale che io potevo catturare e vivisezionare.
All’ombra del pergolato studiavo l’andirivieni di quegli esseri. Mi acquattavo in religioso silenzio per non disturbare il loro lavorio. Ne individuavo uno che seguivo con lo sguardo fino a quando non spariva dietro ad un albero d’ulivo o di fichi. Quindi tornavo con gli occhi ai tralci, alle foglie, nuovamente agli animali.
Questa volta cercavo quello più corpulento. Ecco è quello. Color arancione. Ne contemplavo corpo, torace e addome. Contavo più volte le sue zampe. Erano sempre sei. Sistemate a corredo di un apparato boccale masticatore con robuste mandibole e antenne. Lo avvicinavo più che potevo. Attento a non farlo scappare via. Notavo come tra il torace e l’addome avesse un restringimento. Lunghezza più o meno trenta millimetri.
Sempre con gli occhi puntati sulla vittima prescelta, tiravo su una foglia secca. La ripulivo. Ne recuperavo l’estremità più dura e la lanciavo contro. Quella con le mascelle, come se fossero catapulte, la espelleva. Quindi mi attaccava, lanciandomi contro una spruzzatina di acido formico, che non mi distoglieva dal mio proposito.
Qui mi prende il rimorso.
Allungavo pollice ed indice verso l’animale. Con precisione chirurgica strappavo, uno dopo l’altro, funicolo, stelo, pungiglione, femore, tibia, artiglio tarsale. Completavo l’opera spezzando in tre la malcapitata. Ne ho ancora il rimorso. Prima il capo, poi il torace, quindi l’addome. Altre sostanze tossiche e irritanti schizzavano lontano, come se quella povera formichina mi volesse maledire. Chi sa se dal quel suo micro mondo poteva farlo. Intanto dall’inizio dell’addome i suoi organi stridulanti, per sfregamento, emettevano deboli suoni. Facendo le dovute proporzioni somigliavano agli urli che avrei potuto fare io se qualcuno avesse tentato di strapparmi le dita ad una ad una.
Una formica, tanti rimorsi.


 

venerdì 11 dicembre 2015

Il presepe napoletano a Ceglie Messapica (Parrocchia San Rocco)

(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)


Il presepe è stato allestito dalla Signora Giuseppina Santoro

 
Potete inviare le foto del vostro presepe all'indirizzo e -mail sumavincenzo2009@libero.it oppure amarcordceglie@libero.it . Le foto saranno pubblicate sul presente blog.

 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)


 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma) 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
(Presepe parrocchia San Rocco Ceglie Messapica, foto V. Suma)
 
 
 

mercoledì 9 dicembre 2015

Damiano Leo: "Il topo e la gattina"

(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook  di Damiano Leo)


 Ricevo da Damiano Leo e pubblico con piacere il racconto "Il topo e la gattina". Buona lettura!
 
 
IL TOPO E LA GATTINA
 
 
Aveva girovagato tutto il giorno, fino a che il buio si era impadronito di ogni cosa. La gattina, comunque, aveva seguitato a cercare la via di casa. Invano, almeno fino a quel momento. Forse, la sua padroncina, aveva cominciato a cercarla, a chiamarla per nome, di qua e di là, trascinandosi dietro mamma e papà, vista l’ora tardi. Prima o poi, la gattina ne era sicura, l’avrebbero trovata e sarebbe finita, come spesso accedeva, tra le braccia amorevoli di Filomena, la sua padroncina.
Intanto continuava a cercare e nei suoi occhi, sempre più stanchi, non si specchiava  casa.
Si era infilato un lungo viale costeggiato da siepi. L’umidità della notte, che continuava imperterrita ad avanzare, stava inzuppando tronchi e foglie. Insieme luccicavano confondendo i margini della strada. Alla gattina parve che tutto, piano, si stesse immergendo in un'immensa bolla di sapone. Tutto le sembrò tremendamente nuovo e inesplorato. Le zampette scivolavano pigramente sull’asfalto e, di tanto in tanto, sconfinavano a caso tra la vegetazione circostante.
Aveva, la gattina, un corpicino agile e flessibile, nonostante la tenera età. Normalmente trascorreva il suo tempo alternando grandi salti a frequenti arrampicate, servendosi di affilatissime unghie protrattili. Buio e stanchezza le impedivano di muoversi come sempre.
Sentiva il fruscio delle foglie. L’alitare sinistro del vento. Lo squittire, disperato, di un roditore. Il gracidare lontano di una rana.
Improvvisamente vide qualcosa strisciare sotto al groviglio di quei rami che le sfioravano il muso. Si fermò di botto. Piantò con forza tutte e quattro le zampe sul terreno. Miagolò come se volesse intimare l’altolà. Rispose un movimento di foglie.
Dalla siepe sbucò fuori un corpicino lungo poco più di venti centimetri. Pelo corto e lucente. Doveva pesare più o meno quaranta grammi. Il colore non le era ben chiaro, ma doveva essere di un marrone - brunastro chiaro. La gattina dilatò gli occhi in modo spropositato. Incrociò quelli dell’animale apparso innanzi ad essa. Riconobbe zampe, orecchie arrotondate, coda, la testa dalla forma allungata e punta del naso. Temporeggiò qualche secondo sulla bocca delimitata da due labbra. Si passò velocemente una zampa sul capo identificando due grossi incisivi.
Il roditore, come la gattina, trattenne il respiro. Ingigantì gli occhi sotto le palpebre. Sfoderò gli artigli dalle quattro dita di tutte le zampe. Squittì ripetutamente.
La gattina fissò l’animale. Premette sulle zampe posteriori, più lunghe di quelle anteriori. Sfoderò anch’essa si suoi artigli. Orientò i padiglioni auricolari. Tirò indietro le orecchie e tese smisuratamente i baffi. Per incutere paura al roditore che la stava studiando fece una gobba e rizzò il pelo. Voleva apparire più grossa.
La siepe proteggeva ancora il roditore. L’attesa per un salto sembrò conclusa. Scivolò lentamente in avanti, attento a non destare sospetti. La gattina ancora lo stava studiando. Poteva saltargli addosso, se non voleva essere morsa. Lo fece. La gattina indietreggiò premendo sulle zampe posteriori. Svirgolò su un fianco. Il roditore cadde nel vuoto. Zampe al cielo.
Toccava alla gattina. Ringhiò contro l’avversario che intanto si era rimesso sulle zampe. Agitò la coda ritmicamente. La sbatté con una certa forza da un lato all’altro. Mostrò tutto il suo nervosismo. Si trasformò presto in aggressività. Soffiò e sputò per intimorire il roditore. S’immobilizzò premendo sulle quattro zampe. Attese. Studiò.
L’immobilità del topo selvatico, sbucato dalla siepe, caricò la gattina. Stanca ma decisa a farla finita con il suo avversario. Emise un ringhio di tonalità bassa e profonda. Saettò. Due artigli sfiorarono il roditore.
Dal pelo corto e lucente schizzò via qualche goccia di sangue. Il dolore raddoppiò le forze del malcapitato. Il topo squittì nervosamente. Sgranò gli occhi ancora di più. Spalancò la bocca mostrando due grossi incisivi. Mirò la gattina e le saltò con tutto il corpo sulla gola. Affondò gli incisi. Riassestò lo stesso colpo nello stesso buco. Nella gola della gattina gorgogliò qualcosa di profondo e denso. Aveva trovato la vena.
La gattina s’acquattò di botto. Miagolò come per chiamare aiuto. S’arrese per sempre.
Il topo selvatico sparì nella siepe. Vincitore. Per una volta.
 
 
 
 


lunedì 7 dicembre 2015

Il presepe: una tradizione senza tempo (presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica)

(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)



Il presepe è stato realizzato da Rocco Biondi e Grazia Leo
 
Potete inviare le foto del vostro presepe all'indirizzo e -mail sumavincenzo2009@libero.it oppure amarcordceglie@libero.it . Le foto saranno pubblicate sul presente blog.
 
 
 
 
 
 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)



 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)



 
 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)


 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)



 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)



 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)


 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)



 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)




 
(Presepe parrocchia San Lorenzo da Brindisi, Ceglie Messapica, foto V. Suma)






venerdì 27 novembre 2015

C'era una volta il Totocalcio...

(Locandina film "Al bar dello sport", collezione privata Vincenzo Suma)


 
(Schedina del 27 - 9 - 1981, collezione privata Vincenzo Suma)
 
 
 
 
C’era una volta il Totocalcio
 
 
Un tempo il 13 al Totocalcio era il sogno ambito da tutti. Nell’immaginario collettivo la vincita miliardaria al Totocalcio era il mezzo utile per risolvere tutti i problemi economici. Il gioco della schedina prevedeva un vero e proprio procedimento, quasi “scientifico”. Durante la settimana si studiavano i pronostici. Si consultava la classifica del campionato e si elaborava il sistema migliore per fare tredici. Le combinazioni erano davvero tante. Ricordo il sistema con 7 doppie ridotte, quello con 3 triple oppure, il sistema con 5 doppie integrali. Il gioco del Totocalcio si chiudeva alle 20.00 del sabato sera. Tutte le partite si giocavano la domenica pomeriggio alle 15.00 e si seguivano alla radio. Attraverso le voci inconfondibili di Beppe Viola, Sandro Ciotti, Enrico Ameri (i radiocronisti della trasmissione radiofonica “ Tutto il calcio minuto per minuto”), gli aspiranti vincitori seguivano i risultati delle partite di calcio. In quei 90 minuti si sperava, si sognava e in casi estremi si cercava di attirare la fortuna (o allontanare la sfortuna)  con alcuni gesti scaramantici, proprio come Lino (Lino Banfi) nel film “Al bar dello sport”.  In quegli anni  il gioco del calcio era meno spettacolare rispetto a quello attuale, ma era un calcio “poetico”. Esistevano le bandiere, ovvero i calciatori (fedelissimi) attaccati ai colori della propria squadra. Tutti conoscevano le formazioni calcistiche a memoria. Oggi questo mondo è completamente scomparso. Il calcio è diventato solo business, basti pensare al calciomercato milionario delle varie società sportive. Il gioco è dominato dalle scommesse online. Si può scommettere in ogni istante e si possono scegliere gli avvenimenti sportivi desiderati.

Il campionato di calcio, invece, è stato frammentato in tante partite giocate nel corso della settimana. Infatti, si gioca il venerdì, il sabato pomeriggio, la domenica a mezzogiorno, la domenica sera e il lunedì. Tutto il sistema sportivo viene dominato dalle esigenze economiche delle televisioni private e dal mondo delle scommesse. Fino ad alcuni anni fa le uniche partite trasmesse in tv erano la differita a sorpresa (solo un tempo) del campionato di serie A e la partita della Coppa dei Campioni il mercoledì sera. Ora, invece, ci sono canali televisivi che trasmettono avvenimenti sportivi in ogni istante della giornata. Tutta questa “abbondanza” ha contribuito a smantellare un mondo mitico fatto di piccole certezze e di grandi emozioni.
 
(Schedina del 30 - 1 - 1983, collezione privata Vincenzo Suma)
 
                       "Tutto il calcio minuto per minuto"

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

giovedì 26 novembre 2015

Damiano Leo: "Il treno di Nicola"

(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook  di Damiano Leo)

Ricevo da Damiano Leo e pubblico con piacere il racconto "Il treno di Nicola". Buona lettura!
 
 
Il treno di Nicola
 
di Damiano Leo
 
 
 
Non di rado mi sorprendevo spesso a pensare che se fossi nato asino, uno di quelli utilizzati dai nostri nonni per andare e venire dai campi, avrebbero detto di me che andavo e venivo dal lavoro senza bisogno di essere guidato. Le briglie, il mio padrone, le avrebbe lasciate libere di pendere tra le stanghe del carretto.
Lasciamo stare gli asini e torniamo a me. Da anni, ormai, andavo e venivo, in treno, da San Michele Piovano, paese nel quale la mia ditta mi aveva destinato.
Quell’oretta sui binari non aveva più segreti. Conoscevo a memoria tutti i passaggi a livello, le curve, gli alberi, le fermate, quelle sicure e quelle occasionali. L’avvicendamento dei bigliettai e dei capotreni lo anticipavo ai colleghi di viaggio, senza sbagliare mai un colpo. Quando i conti non tornavano era perché loro avevano altre esigenze.
Alla stazione potevo permettermi di arrivare pochi secondi prima dell’orario di partenza, tanto sapevo anche quale macchinista spaccava il secondo e chi conduceva il suo treno normalmente in ritardo. Le tratte casa - lavoro e lavoro - casa le avevo sulla punta delle dita. Mi capitava anche di appisolarmi e di svegliarmi giusto appunto per scendere dal treno. Soprattutto al ritorno.
Una sera ero particolarmente stanco. Nell’ufficio un via vai che sembrava un porto e per tutte e sette le ore. Neanche il tempo di un caffè. Succedeva.
Era il turno di Nicola, il capotreno che di lavoro proprio non ne voleva sapere. Potevo sedermi qualche minuto. Il calduccio della sala d’attesa mi accarezzava le palpebre. Una formichina, chissà perché, faceva avanti e indietro, sempre sulle stesse mattonelle. Era un piacere seguirla con gli occhi, avanti e indietro, avanti e indietro.
Nicola, con il suo maledetto treno, non arrivava. Persi di vista la formichina. Il calore della stazione non era più quello di prima. Forse si era bloccata la caldaia o l’avevano spenta per economizzare. Sta di fatto che cominciavo ad aver freddo. Il capo, tra le mani, diventava sempre più pesante e il treno ancora non si vedeva. Nicola, Nicola.
Qualcuno mi scrollò pesantemente: «Insomma, casa, tu, non ne hai?». Casa? Io? E perché? E lui, il capostazione: «Ragazzo, la stazione chiude, non puoi più stare qui». Come “chiude”? e Nicola? E il treno?
 
Ceglie Messapica, 8 ottobre 2015

 
 
Notizie biografiche dell'autore.
 
Damiano LEO è nato a Ceglie Messapica (BR) nel 1955.Laureato in Scienze Religiose presso la Facoltà Teologica Pugliese. Membro Honoris Causa dell’Accademia Universale “Federico II di Svevia”. Finalista al premio Nazionale di Poesia “Vittorio Bodini” (edizione 1999) e con sue liriche inedite ha partecipato alla realizzazione delle Antologie sulla condizione della poesia in Puglia e Basilicata: L’Anemone e la luna, Dalla soglia di un sogno, Il segreto della tenerezza e La parola incantata.
Ha pubblicato: Orme d’Echi (1975), Padre Tempo e i sette figli  (1976), Canto per Ceglie (1978), Incontri (1981), Sentimenti (1982), Tralci d’Antichi  Eden (1995) e Le Strade del Cuore (2004).
Ha curato, per conto della Comunità di San Rocco in Ceglie Messapica, il volume Don Oronzo Elia nel ventennale della sua morte (2010).

martedì 24 novembre 2015

La cappella "Falascuso"

(Cappella in contrada "Falascuso", foto Vincenzo Suma)

L'amarcord di oggi è dedicato ad una delle cappelle più antiche del nostro territorio. Si tratta della cappella situata in contrada Falascuso. Oggi, purtroppo, la cappella versa in uno stato di totale degrado e abbandono.



"Le cappelle... soste di pietra, soste di preghiera, soste di raccoglimento, soste dalla fatica, soste dal sudore, soste dal dolore, soste dagli affanni, soste di silenzio, soste di muti colloqui.
Ora, esse, quasi timidamente ed a fatica si fanno largo fra erbe e sterpaglie, fra rovi e biancospini, fra muri diroccati e sgradevole asfalto, sfuggendo, quasi consapevolmente, anzi consapevolmente al frettoloso automobilista che non può nel marasma della velocità del tempo, fare "soste di pietra" . (E. Turrisi, Soste di pietra, Regione Puglia, Assessorato alla pubblica istruzione p. 12).





(Cappella in contrada "Falascuso", foto Vincenzo Suma)






(Cappella in contrada "Falascuso", foto   VincenzoSuma)
 

martedì 17 novembre 2015

Le opere di Antonia Gianfreda

(Nonna alla fontana, olio su tela 60x 80)


Tutti abbiamo avuto una nonna, paziente, gentile, comprensiva, grande lavoratrice. Altre generazioni, altri valori.
 
 
 
 
 
 
(Il mare d'inverno, olio su tela 100x80)


Dopo il frastuono dell'estate, riposiamo in una spiaggia deserta, pervasi da una sottile malinconia
 
 
 
 
 
 
(I trulli, olio su tela 60x80)


I trulli sono il nostro patrimonio. L'insegnamento dei nostri nonni a vivere bene tra le pietre a contatto con la natura. Non bisogna abbandonarli, bisogna prendersene cura.
 
 
 
 

(I pomodori, olio su tela 60x80)


I pomodori sono gli ortaggi più allegri che ci siano,  rimandano a ricordi d'estate e a gustose degustazioni di frise bagnate con l'acqua e con l'olio. Il loro colore è il colore dell'amore.

 
 

Don Mario Marino e i suoi giovani

(Don Mario Marino e i giovani, foto Nicola Ciracì) L'Amarcord di oggi è dedicato a don Mario Marino e ai suoi giovani calciatori. Per...