Il cinema raccontato dalle locandine


Amici miei

 
 


Che cos’è il genio? E’ fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione - Ragazzi come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi? –  Quando penso alla carne della mia carne, chissà perché, divento subito vegetariano !”. (Amici miei)

Amici miei non è solo un film sull’amicizia ma, è anche un film che gioca con  la vita e con la morte.  La pellicola contiene gli elementi caratteristici della cosiddetta commedia all’italiana: il comico e il tragico. Questi elementi hanno caratterizzato per alcuni decenni la commedia del nostro cinema. 

ll progetto originario del film appartiene a Pietro Germi (il nome di Pietro Germi compare nei titoli di testa e nella locandina del film). Il regista genovese però, gravemente ammalato è costretto a rinunciare al progetto (Pietro Germi muore il giorno in cui iniziano le riprese del film). La direzione del film viene affidata ad un altro cineasta importante del cinema italiano: Mario Monicelli. Le riprese iniziano nel 1974. Il cast è costituito da un gruppo di attori in stato di grazia: Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Adolfo Celi, Gastone Moschin e Duilio Del Prete. Si forma così un quintetto straordinario. I protagonisti con le loro avventure realizzano una delle commedie più brillanti del cinema italiano degli anni ‘70. Resta memorabile la supercazzola del conte Lello Mascetti, interpretato da Ugo Tognazzi: “Tarapia tapiòco! Prematurata la supercazzola, o scherziamo? No, mi permetta. No, io… scusi, noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribài con cofandina? Come antifurto, per esempio””. 
Per combattere la noia e l’angoscia della vecchiaia, i protagonisti si trasformano in zingari ed iniziano a vagare senza una meta precisa. Durante queste avventure inscenano una serie di scherzi cattivi, le zingarate. Vittime di questi scherzi sono i passeggeri di un treno in partenza, gli abitanti di un piccolo paese di montagna, un vecchio e curioso pensionato, il signor Righi, interpretato da un altro grande attore, Bernard Blier. In Amici miei si gioca anche con la morte. Anzi, la morte stessa diventa occasione per inscenare la supercazzola. Giorgio Perozzi, interpretato da Philippe Noiret, sul letto di morte prende in giro anche il prete. Infatti, invece di confessare i propri peccati, il Perozzi inizia a recitare la supercazzola. Con Amici miei va in scena la vita stessa contrassegnata dall’ilarità, dalla  noia, dalla malinconia e dalla morte.
La sceneggiatura del film viene realizzata da Piero De Bernardi, Leonardo Benvenuti e Tullio Pinelli. I personaggi del film prendono spunto da personaggi realmente esistiti. La figura del conte Lello Mascetti, infatti, prende come punto di riferimento il Conte Raffaello Pacini, un nobile decaduto che nel giro di pochi anni aveva dilapidato tutte le sue ricchezze. Anche la supercazzola è un elemento vero. Questo gioco di parole fu inventato dal Conte Raffaello Pacini. La figura dell’architetto Melandri (Gastone Moschin), invece, prende spunto da un architetto fiorentino alto due metri.
Nel progetto originario di Pietro Germi tutta la vicenda doveva essere ambientata a Bologna. Monicelli, invece, sin da subito si mostrò contrario a questa idea. Tutti i personaggi erano fiorentini e pertanto la storia bisognava ambientarla a Firenze. Le avventure dei cinque amici si concludono con un funerale, con la morte del giornalista Giorgio Perozzi. Uno potrebbe pensare a un film comico con un finale tragico. Invece no. Anche la scena “tragica” del funerale diventa un’occasione imperdibile per realizzare un’altra zingarata nei confronti del povero signor Righi (Bernard Blier). Nemmeno la morte riesce a fermare lo spirito goliardico dei nostri vitelloni.
 
Bibliografia consultata
Mario Monicelli, L'arte della commedia, a cura di Lorenzo Codelli, edizioni Dedalo 1986.
P. Fazzini, Amici miei, la trilogia, un mondo a parte, 2008.
 
 



 
 

Nuovo Cinema Paradiso

(Locandina film "Nuovo Cinema Paradiso", collezione privata Vincenzo Suma)




 
Nuovo Cinema Paradiso” è senza ombra di dubbio il capolavoro del regista siciliano Giuseppe Tornatore. Con “Nuovo Cinema Paradiso”, il Cinema inteso come luogo dell’anima, fatto di emozioni e di ricordi, entra nel mito collettivo. “Nuovo Cinema Paradiso” è anche un film “autobiografico”. I personaggi e le situazioni che popolano il film hanno un legame diretto con le esperienze di vita di Giuseppe Tornatore. Attraverso le vicende dei personaggi, il regista ripercorre le tappe più importanti della sua gioventù trascorsa in Sicilia: il lavoro da proiezionista svolto all’età di dieci anni proprio come il piccolo Totò, interpretato da Salvatore Cascio; le ore trascorse a sognare nel piccolo cinema del paese, i volti e le voci delle persone che affollavano la sala cinematografica. Con “Nuovo Cinema Paradiso”, Tornatore ricostruisce un microcosmo fatto di ricordi e di episodi realmente accaduti.

Nuovo Cinema Paradiso” è un inno al Cinema, un omaggio alla settima arte che da sempre affascina ed emoziona tutti. Nuovo Cinema Paradiso è un atto poetico fatto di immagini e di emozioni. E’ un viaggio nella storia del cinema. Nel film vengono ricordate pellicole come L’Angelo Azzurro, La febbre dell’oro, Via col vento, Casablanca, Sette spose per sette fratelli, Riso amaro, Catene, I vitelloni e tanti altri film dell’epoca. Il culmine viene raggiunto nella scena finale, con la famosa sequenza dei baci tagliati, resa unica dalla colonna sonora di Ennio Morricone. L’ultima sequenza è un “film nel film”.
Nella poetica di Tornatore il cinema rappresenta  un “luogo metafisico  dove poter condividere con gli altri il sogno di un mondo diverso rispetto alla realtà. In quel mondo ci si emoziona, si ride, si piange, si dorme, si sogna, si corteggia una bella ragazza.  Ma, ad un certo punto il sogno si frantuma.  L’avvento della televisione e delle videocassette dissolvono la magia del cinema. Di forte impatto è la scena del corteo funebre che si ferma davanti al “Cinema Paradiso” chiuso ormai da tanto tempo. Tornatore ci presenta due facce della stessa medaglia: il mondo glorioso e magico del cinema e la decadenza di un mito che ha fatto sognare intere generazioni.

Bibliografia consultata:
Marco Luceri e Luigi Nepi, L’uomo dei sogni. Il cinema di Giuseppe Tornatore, edizioni ETS, 2014.
Paola Begotti e Graziano Serragiotto, Quaderni di cinema per stranieri, Nuovo Cinema Paradiso, Guerra edizioni.
Giuseppe Tornatore e Pietro Calabrese, Baarìa. Il film della mia vita, Rizzoli.

 

 
 
 
 
 
 
 

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