mercoledì 30 marzo 2016

Damiano Leo: "In fondo al lago"

(Damiano Leo, l'immagine è tratta dal profilo facebook  di Damiano Leo)

 Ricevo da Damiano Leo e pubblico il racconto "In fondo al lago". Buona lettura!
 
 
 
 
 
"In fondo al lago"
 
 
 
Correva voce che, in fondo ad un lago del Nord, viveva uno strano animale mitologico. Sfuggito all’estinzione della sua razza. Sopravvissuto per chissà quale buona e fortuita coincidenza.
Ma nessuno, a memoria d’uomo, lo aveva visto davvero.
In paese, quello sconosciuto animale d’altri tempi, lo avevano cacciato in tutte le favole. Fritto e rifritto mille volte. A scuola aveva scatenato la fantasia di chicchessia.
Solo Gennarino, volutamente, ignorava la leggenda.
«Siate seri, se potete!» liquidava, frettolosamente. Lui proprio non voleva saperne di avvistamenti. Aveva i piedi per terra e lì dovevano rimanere, almeno finché la ragione non lo avrebbe abbandonato. Gli altri, anche i suoi amici, credessero pure quello che volessero. Lui no, lui era un ragazzo con la testa sul collo.
Più d’uno, in paese, lo riteneva fin troppo maturo per la sua età. Nessuno, comunque, lo aveva mai dipinto come un credulone. A Cesare quel che è di Cesare. Gennarino, a giusta ragione, meritava stima e considerazione.
Libero, Gennarino, di non credere alle apparizioni dell’animale mitologico, di quello che, di tanto in tanto, qualcuno notava nell’ormai famoso lago.
Un lago, piccolo in verità, c’era anche a qualche chilometro da San Michele Piovano, paese natale del giovane dai piedi per terra e dalla testa ben piantata sul collo.
Gennarino, al laghetto, si spingeva quasi tutti i fine settimana. Un’ora di corsa, normalmente al tramonto, andata e ritorno dal lago, per tenersi in forma. Senza grilli per la testa. Corricchiare e basta.
Non guardava mai troppo in giro. Neanche verso il lago. Ecco perché non aveva mai notato nulla di particolare. Nulla che potesse destare la sua attenzione. Gennarino correva avanti e indietro e tornava a casa. Una doccia e tutto come prima.
Una sera, però, non fu tutto come prima. Il lago era là, come sempre. Qualche metro ancora e si torna indietro.
“Giacché ci sono, allungo un poco”, deve aver pensato il giovane podista, giacché si era spinto oltre. Guardò distrattamente verso quella massa d’acqua. Il sole si era tuffato proprio lì.
Non era mai capitato, a Gennarino, d’essere al lago nell’ora in cui non è più giorno e non è ancora notte. Non si era mai spinto fino a quel punto.
Un ultimo sguardo, prima di tornare. S’arrestò di botto. C’era qualcosa di strano, in mezzo  al lago. Gennarino si stropicciò gli occhi. Guardò ancora, accigliandosi. C’era proprio qualcosa. Qualcosa di nero, grosso, molto grosso.
Il podista piegò le ginocchia. Sudò tantissimo e si accasciò al suolo.
Ancora in barella e Gennarino, incredulo, continuava a raccontare l’accaduto.
«L’ho visto! Credetemi, l’ho visto!!!»
«Certo che l’hai visto» lo tranquillizzarono medici ed infermieri e, mentre lo accompagnavano nel camerone degli uomini, «certo che lo hai visto, è lì da quando è nato il mondo, quello scoglio».
Nessuno aveva mai parlato di alta e bassa marea, al povero ricoverato.


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