(Madonna della Grotta, foto Pino Santoro)
(Madonna della Grotta, foto Pino Santoro)
Questa proposta attribuzione
cronologica con i caratteri gotici dell’epigrafe, ed oltre tutto con i
caratteri stilistici degli affreschi sia della parte superiore della chiesa,
sia di quelli ora scoperti nella grotta. La scollatura della veste del Bambino
dell’affresco che è nella grotta, rettangolare e limitata da un sottile orlo
oscuro è simile a quella dell’angelo della Natività affrescata nella chiesa
superiore di Assisi ed attribuita ad un seguace di Cimabue.
Vi è nello stesso l’aureola
incisa a raggiera e certa durezza, cioè una prevalenza di disegno, nei
contorni, sul colore se non sui volumi.
Il viso dello stesso bambino
tondeggiante con capelli aderenti ed espressione matura, si rifà ai tipi giotteschi,
vedi Madonna d’Ognissanti nella Galleria degli Uffizi. Il nimbo cruciato è
simile a quello che è nella Fuga in Egitto dell’Arena di Padova. La croce del
nimbo, determinata da doppia linea per lato ed ornata negli spazi è quasi
simile a quella del Gesù del <<Noli me tangere>> della stessa Arena
di Padova, dipinti di Giotto.
Architetto quindi e pittore
dovettero essersi bene intesi in un discorso complesso sui progressi dell’arte
nell’Italia centrale. Discorso possibile se si considera che gli Angioini di
Napoli e quelli di Taranto erano impegnati politicamente con Roma e con la
Toscana proprio in quel periodo al quale può andare attribuita questa chiesa.
Perché si elevò questa
chiesa e da chi fu officiata non è facile accertarlo. Oggi essa è inclusa tra i
locali di una masseria, ma nessuno di questi locali sembra sia della sua stessa
epoca e sia stato ambiente di un monastero o convento di religiosi. È nella
tradizione orale che sia stata una chiesa officiata dai Basiliani, ma niente lo
conferma, nemmeno la presenza dell’immagine di Sant’Antonio Abate assai diffusa
anche in ambienti non basiliani della regione.
Un’antica memoria che parla
della vita dei Domenicani in Brindisi, fuori dal centro urbano, accanto alla
chiesa ora detta del Cristo, anch’essa ad una sola navata, in capanne di
frasche e di paglia, fa supporre che anche questa chiesa sia stata officiata,
forse per pochissimo tempo, dai Domenicani. Lo potrebbe confermare l’affresco
di un santo, nella chiesa superiore sulla parete sinistra nella penultima
campata, vestito, per quel che sembra, con abiti domenicani e con cartiglio
aperto ed illeggibile nella sinistra, benedicente però alla greca.
La chiesa fu meta di
pellegrinaggi. Sull’affresco che rappresenta S. Antonio Abate sul pilastro
sinistro al lato dell’abside, vi sono vari graffiti di pellegrini; in uno si
legge: aprele 1473 fuit processio… Si andava in primavera a S. Maria della
Grotta dai vari centri vicini.
Il capitolo della chiesa
matrice di Ceglie nel secolo XVI era patrono della chiesa e delle terre
adiacenti, e varie carte parlano delle rendite devozionali che questa chiesa
offriva annualmente. Nel 1565 l’arcivescovo Bovio la trovò in possesso
dell’arciprete di Ceglie con l’obbligo di alcune decime alla Mensa
Arcivescovile e due messe alla settimana. In seguito divenne quel che oggi è:
ovile nella prima parte e nella grotta, deposito per foraggi nella parte
mediana, stalla nell’ultima parte. È sempre però Santa Maria il suo nome.
(Madonna della Grotta, foto Pino Santoro)
(Madonna della Grotta, foto Pino Santoro)
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