lunedì 6 luglio 2015

Madonna della Grotta (1° parte)

(Madonna della Grotta, foto Pino Santoro)




Oggi voglio proporre alla vostra attenzione un articolo interessante di Rosario Jurlaro riguardante la chiesa  denominata "Madonna della Grotta, pubblicato sull'Osservatore Romano (p. 5, N. 155) l'8 luglio 1964. Le foto pubblicate nel presente post sono di Pino Santoro.



Un ignorato architetto del Trecento Domenico De Juliano

di Rosario Jurlaro
 
Poco distante da Ceglie, antico villaggio messapico che molto presto divenne patrimonio della chiesa di Brindisi in possesso della quale rimase fino al XIV secolo, è una chiesetta sotto il titolo di S. Maria della Grotta, oggi ad altro uso adibita, meritevole d’essere studiata come documento di una certa acquisizione culturale tipicamente nordica, o meglio umbro – toscana, in questa regione, nel secolo XIV.

Essa si sviluppa su pianta rettangolare. L’ampiezza all’interno è di m. 6, la lunghezza dalla parete dell’ingresso ai pilastri dell’arco interno dell’abside non più esistente, è di m. 22. La copertura originariamente dovette essere stata programmata a capriate con tetto a due spioventi. In fase di costruzione però si pensò di evitare il carico sulle pareti strutturate a due facce con pietra calcarea locale, carparo e tufo, e si impostarono quindi su lesene, addossate e solo in qualche punto immorsate nelle pareti, degli archi a sesto acuto molto eleganti che, in armonia con l’arco dell’abside, creavano, nella particolare prospettiva dello stretto e lungo vano, un effetto suggestivo di gusto prettamente gotico. Nel progetto, così variato, gli archi dovevano scompartire tutta la copertura in sei cieli a vele come accertano gli attacchi ancora visibili in alto sulla prima coppia di pilastri. Questo progetto però non venne mai eseguito. Sopra gli archi invece poggiarono i due spioventi del tetto sostenuto da travi orizzontali all’asse della chiesa e una perpendicolare tra arco ed arco, che in alto poggiava sulla trave dorsale, e in basso su una mensola a gola rovescia in legno incastrata nella parete.
Le pareti, ritmate dalle lesene e forate da strette monofore decorate, dovevano essere completamente affrescate e con discreta tecnica. Oggi restano pochi brani di affreschi nella parete estrema, adibita a stalla. Di questi brani meritano un certo interesse alcune figure di Santi ed essenzialmente quella di Sant’Antonio Abate e di altro Santo con abiti domenicani.
Dal lato destro un portichetto rustico ma singolare, con facciata decorata da anelli orizzontali in calcare che dovevano servire per tenere i fiori e gli ex – voto, immetteva all’interno della chiesa ed anche in una grotta carsica naturale ove si è scoperto, semicoperto da un altare rinascimentale in demolizione, il frammento di affresco, la Vergine col Bambino, del quale resta visibile solo il Bambino.
 
 
(Madonna della Grotta, parte restante di un affresco, foto Pino Santoro)
 
 
 

 
(Madonna della Grotta, altare presente nella grotta, foto Pino Santoro)
 
 
 
 

 
(Madonna della Grotta, parte di un affresco presente in grotta, foto Pino Santoro)
 
 
 

La facciata della chiesa resta semplice ed elegante, si sviluppava rettangolare fino all’altezza delle grondaie del tetto; poi seguiva la linea del tetto a doppio spiovente con semplice cornice ed al centro si concludeva con l’innesto di uno snello ed elegante campanile a vela. Sotto il campanile vi era una ampio rosone del quale resta la cornice e nessun elemento della raggiera. Sotto vi è l’ingresso a banda piana sormontato da un lunettone limitato da arco a ogiva decorato che poggiava su colonnine ottagonali e capitelli con figure zoomorfe. In fase di costruzione, o meglio dopo, si volle accoppiare al campanile centrale ad un solo fornice e per una sola campana, facendo perdere così all’assieme quell’equilibrio estetico programmato dal costruttore.
 
 
(Madonna della Grotta, parte superiore della chiesa, foto Pino Santoro)
 
 

 
(Madonna della Grotta, parte del campanile, foto Pino Santoro)
 

 
(Madonna della Grotta, parte del campanile, foto Pino Santoro)
 
 
 
(Madonna della Grotta, rosone presente sotto il campanile, foto Pino Santoro)
 
 
 
 
(Madonna della Grotta, ingresso della chiesa, foto Pino Santoro)
 
 
 
Prima di fare qualche considerazione sui particolari architettonici e di pittura del monumento, è bene chiarire che esso è firmato da un ancora ignorato architetto, o come egli si dice <<magister muratori bus>> salentino del secolo XIV. Sulla facciata, sotto il rosone, appena a destra, vi è sopra una lastra di pietra dura, una scritta in caratteri gotici su tre righi, che, sciolta nelle facili abbreviature, così dice:<<Hoc opus aedificavit magister muratori bus Dominicus de Juliano>>.
 
(Madonna della Grotta, lastra presente sulla facciata della chiesa. Reca il nome dell'architetto Domenico de Juliano, foto Pino Santoro)
 
 
 


Non si conoscono altre su opere. Del resto egli è ancora ignorato anche dagli studiosi locali di storia dell’arte. L’esame dei monumenti coevi dà motivo di credere che egli abbia lavorato abbondantemente e con certo profitto in tutta l’area della regione. Dalla sua scuola deve provenire il discusso Domenico di Martina o Martana che nel XIV secolo costruì la chiesa matrice di Grottaglie, varie volte restaurata, ove si ritrovano elementi comuni alla chiesa di Santa Maria della Grotta di Ceglie come le colonnine ottogonali ed altri elementi del portale che accusano un’indiscussa parentela con quelli del portale maggiore della Basilica di San Nicola di Bari.
Ma è necessario qui un interrogativo. È egli Domenico proveniente e cittadino del centro omonimo Juliano del Salento o è già il discendente di uno di Juliano, da tempo trasferito altrove e il cui cognome nel secolo XVI è presente in Ostuni? Qualche ricerca d’archivio potrà chiarire il dilemma chiarendo meglio l’identità di questo geniale ignoto architetto salentino del XIV secolo...

 



 
 


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