Otto ore di pullman separavano Gennarino dalla sua
numerosa famiglia.
L’ultimo della nidiata doveva laurearsi,
finalmente. Doveva discutere la tanta sospirata tesi. Frutto maturato grazie ad
una sfilza di esami tutti giocati intorno al 30. Il ragazzo andava gratificato.
Ne aveva tutto il diritto.
Nonostante
il costo quel mezzo per il Nord andava proprio preso.
Gennarino,
gioia di mamma e di papà, orgoglio dei tuoi fratelli, preparati, arriviamo.
L’incontenibile
notizia era giunta agli orecchi degli amici più fidati di mamma Giovannina.
Vogliamo anche noi dare un presentino al neo dottore, una cosuccia, giusto il
piacere di fargli sapere che anche noi, come voi, siamo felici per lui.
La donna,
palesemente emozionata, si trovò tra le mani un morbido pacchettino. Lo tastò
più volte. Le premeva scoprire in anticipo cosa trasportava, ma non ne venne a
capo. Non lo avrebbe certo detto a nessuno, se anche avesse indovinato il
contenuto, giusto per capire se suo figlio avrebbe gradito. Non ci fu verso.
Dovette rassegnarsi.
Decise,
però, mamma Giovannina, di portare il pacco in aula magna, in quella dove
Gennarino stava discutendo la tesi. Solo aprendolo subito dopo la nomina a
dottore di suo figlio, avrebbe accorciato i tempi dell’attesa.
Chissà
perché, più del figlio, fremeva dalla voglia di sapere cosa conteneva quella
busta floscia e senza odori.
La aveva
odorata e fatta odorare almeno una ventina di volte, anche a Carmelo, suo
marito, a qualcuno dei figli e a nessuno era venuto in mente niente. Bisognava
aspettava che il chiarissimo presidente di commissione, recitata la formula di
rito, autorizzasse i festeggiamenti.
Con il
potere conferitomi… eccetera eccetera. Visto qui. Visto lì. Con la votazione di
110 la dichiaro dottore in medicina e chirurgia. L’illustrissimo presidente aveva sentenziato.
Ora potete
fare i vostri auguri al candidato. Mamma Giovannina si precipitò sul neo
dottore. Lo incoronò soffocandolo con un sonoro bacio e incominciò a scartare
il presentito degli amici. Ne venne fuori una bianca t-shirt sulla quale
campeggiava un'enorme scritta rossa che recitava: MI HO LAUREATO.
In aula
qualcuno, letta la scritta, si abbandonò ad una sonora, lunga risata.
L’intera
commissione, capitanata dal chiarissimo professore, direttore di ben due
illustre università, proprio non capivano perché. Qualcuno continuava a
sganasciarsi dalle risa e loro, quelli della commissione, leggevano la scritta
e proprio non capivano cosa ci fosse che non andava.
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