Aveva girovagato tutto il giorno, fino a che il buio
si era impadronito di ogni cosa. La gattina, comunque, aveva seguitato a
cercare la via di casa. Invano, almeno fino a quel momento. Forse, la sua
padroncina, aveva cominciato a cercarla, a chiamarla per nome, di qua e di là,
trascinandosi dietro mamma e papà, vista l’ora tardi. Prima o poi, la gattina
ne era sicura, l’avrebbero trovata e sarebbe finita, come spesso accedeva, tra
le braccia amorevoli di Filomena, la sua padroncina.
Intanto
continuava a cercare e nei suoi occhi, sempre più stanchi, non si
specchiava casa.
Si era
infilato un lungo viale costeggiato da siepi. L’umidità della notte, che
continuava imperterrita ad avanzare, stava inzuppando tronchi e foglie. Insieme
luccicavano confondendo i margini della strada. Alla gattina parve che tutto,
piano, si stesse immergendo in un'immensa bolla di sapone. Tutto le sembrò
tremendamente nuovo e inesplorato. Le zampette scivolavano pigramente
sull’asfalto e, di tanto in tanto, sconfinavano a caso tra la vegetazione
circostante.
Aveva, la
gattina, un corpicino agile e flessibile, nonostante la tenera età. Normalmente
trascorreva il suo tempo alternando grandi salti a frequenti arrampicate,
servendosi di affilatissime unghie protrattili. Buio e stanchezza le impedivano
di muoversi come sempre.
Sentiva il
fruscio delle foglie. L’alitare sinistro del vento. Lo squittire, disperato, di
un roditore. Il gracidare lontano di una rana.
Improvvisamente
vide qualcosa strisciare sotto al groviglio di quei rami che le sfioravano il
muso. Si fermò di botto. Piantò con forza tutte e quattro le zampe sul terreno.
Miagolò come se volesse intimare l’altolà. Rispose un movimento di foglie.
Dalla siepe
sbucò fuori un corpicino lungo poco più di venti centimetri. Pelo corto e
lucente. Doveva pesare più o meno quaranta grammi. Il colore non le era ben
chiaro, ma doveva essere di un marrone - brunastro chiaro. La gattina dilatò
gli occhi in modo spropositato. Incrociò quelli dell’animale apparso innanzi ad
essa. Riconobbe zampe, orecchie arrotondate, coda, la testa dalla forma
allungata e punta del naso. Temporeggiò qualche secondo sulla bocca delimitata
da due labbra. Si passò velocemente una zampa sul capo identificando due grossi
incisivi.
Il roditore, come la gattina, trattenne il respiro.
Ingigantì gli occhi sotto le palpebre. Sfoderò gli artigli dalle quattro dita
di tutte le zampe. Squittì ripetutamente.
La gattina
fissò l’animale. Premette sulle zampe posteriori, più lunghe di quelle
anteriori. Sfoderò anch’essa si suoi artigli. Orientò i padiglioni auricolari.
Tirò indietro le orecchie e tese smisuratamente i baffi. Per incutere paura al
roditore che la stava studiando fece una gobba e rizzò il pelo. Voleva apparire
più grossa.
La siepe
proteggeva ancora il roditore. L’attesa per un salto sembrò conclusa. Scivolò
lentamente in avanti, attento a non destare sospetti. La gattina ancora lo
stava studiando. Poteva saltargli addosso, se non voleva essere morsa. Lo fece.
La gattina indietreggiò premendo sulle zampe posteriori. Svirgolò su un fianco.
Il roditore cadde nel vuoto. Zampe al cielo.
Toccava alla
gattina. Ringhiò contro l’avversario che intanto si era rimesso sulle zampe. Agitò
la coda ritmicamente. La sbatté con una certa forza da un lato all’altro.
Mostrò tutto il suo nervosismo. Si trasformò presto in aggressività. Soffiò e
sputò per intimorire il roditore. S’immobilizzò premendo sulle quattro zampe.
Attese. Studiò.
L’immobilità
del topo selvatico, sbucato dalla siepe, caricò la gattina. Stanca ma decisa a
farla finita con il suo avversario. Emise un ringhio di tonalità bassa e
profonda. Saettò. Due artigli sfiorarono il roditore.
Dal pelo
corto e lucente schizzò via qualche goccia di sangue. Il dolore raddoppiò le
forze del malcapitato. Il topo squittì nervosamente. Sgranò gli occhi ancora di
più. Spalancò la bocca mostrando due grossi incisivi. Mirò la gattina e le
saltò con tutto il corpo sulla gola. Affondò gli incisi. Riassestò lo stesso
colpo nello stesso buco. Nella gola della gattina gorgogliò qualcosa di
profondo e denso. Aveva trovato la vena.
La gattina
s’acquattò di botto. Miagolò come per chiamare aiuto. S’arrese per sempre.
Il topo selvatico sparì
nella siepe. Vincitore. Per una volta.
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