sabato 4 febbraio 2017

Caelium: Filippo Balducci, tradizione e innovazione nel romanticismo tedesco



Ricevo e pubblico con piacere. 







Filippo Balducci  pianista

Filippo Balducci è pianista concertista e didatta.
Vincitore di Concorsi pianistici nazionali e internazionali, tra cui quelli di Osimo, Lamezia terme, Enna, Senigallia, Pinerolo e Cincinnati (USA), ha suonato in prestigiose sale da concerto in Italia, Francia, Svizzera, Germania, Belgio, Russia, Slovenia, Turchia, Stati Uniti e si è esibito come solista con prestigiose orchestre dirette, tra gli altri, da Marc Andreae, Enrique Batiz, Maurizio Billi, Josif Conta, Roberto Gianola, Julius Kalmar, Francesco Lentini, Aldo Sisillo.
Deve la sua formazione ad Angela Montemurro, Aquiles Delle Vigne e Fausto Zadra del quale ha continuato il lavoro di ricerca sulla tecnica pianistica.
Ha seguito anche masterclasses con musicisti quali S. Fiorentino, J. Demus, G. Sandor, P. Badura Skoda, M. Marvulli, L. De Moura Castro, L. Natochenny, V. Feltsmann, e per la musica da camera con P. Vernikov, K. Bogino e col Trio di Trieste. Molto proficuo e stimolante è stato anche il recente confronto con il pianista Benedetto Lupo, con cui ha conseguito la Laurea di II livello in Pianoforte a indirizzo solistico con la votazione di 110 e lode e menzione speciale del MIUR.
Vincitore di tre concorsi a cattedra per titoli ed esami, é attualmente docente di Pianoforte Principale e Didattica pianistica presso il Conservatorio di Bari. Già assistente del M° Delle Vigne in Francia e del M° Zadra in Spagna e Svizzera, è regolarmente invitato a tenere corsi di perfezionamento presso l'Accademia "F. Chopin" di Lugano e a far parte delle giurie di Concorsi nazionali e internazionali.
Ha registrato per la RAI e la WGUC di Cincinnati e inciso per Stradivarius.
Appassionato interprete di Alexander Skrjabin, ha inciso recentemente un cd per l’etichetta DigressioneMusic dal titolo Scriabine. Portrait d’un visionnaire ed è autore del saggio Musica dell’Apocalisse: la rivoluzione di Scriabin edito da SBF nell’ambito della collana musicologica “Viaggio d’Inverno”, curata da Alessandro Zignani, disponibile anche in formato digitale.

È ideatore e direttore artistico del Festival pianistico “Città di Corato”.


Mendelssohn e Schumann. Tradizione e innovazione nel Romanticismo Tedesco

F. Mendelssohn Bartholdy (1809-1847)
Fantasia in Fa diesis minore op. 28
Con moto agitato-Andante – Allegro con moto - Presto
Romanze senza parole dall’op. 30
n. 1 Andante espressivo - n. 2 Allegro di molto
Variations Sérieuses in Re minore op. 54
*****
R. Schumann (1810-1856)
Davidsbündlertänze op. 6 (Prima versione)
 I. Lebhaft - II. Innig - III. Mit Humor - IV. Ungeduldig - V. Einfach -
VI. Sehr rasch und in sich hinein - VII. Nicht schnell mit âusserst starker Empfindung -
VIII. Frisch - IX. Lebhaft - X. Balladenmässig, sehr rasch - XI. Einfach XII. Mit Humor -
XIII. Wild und lustig - XIV. Zart und singend - XV. Frisch - XVI. Mit gutem Humor -
XVII. Wie aus der Ferne - XVIII. Nicht schnell
Toccata op. 7



Il programma mette a confronto due grandi compositori della prima metà dell’Ottocento, vicini nella vita, nella professione e nella poetica, seppur lontani per temperamento e scelte estetiche. Il primo elabora un personalissimo stile nel solco della tradizione classica e biedermeier, innovando quasi silenziosamente. Il secondo è un rivoluzionario, attivo anche come critico musicale, che combatte apertamente la sua battaglia per una Musica “nuova”, istintiva, semplicemente ispirata eppur complessa.
Mendelssohn e Schumann peraltro sono profondamente accomunati dall’amore per il Lied - quando scrivono romanze per pianoforte solo la loro scrittura si assomiglia moltissimo - e per la polifonia bachiana. Entrambi amano i contrasti, tipicamente romantici, fra l’intima meditazione e lo slancio impetuoso, ma mentre in Mendelssohn la prima è schietto lirismo ed il secondo virtuosismo scintillante, nello schizofrenico Schumann il contrasto è spesso fra sogno e incubo, depressione ed esaltazione, gioia ed angoscia.
La Fantasia op. 28 di Mendelssohn non a caso porta il sottotitolo di Sonata Scozzese. Il compositore elabora, infatti, una personale struttura di Sonata con un Andante meditativo e malinconico quasi in forma-sonata, ma con introduzione, sviluppo e coda fantastici ed appassionati, un insolito secondo tempo Allegro dal carattere sereno e dallo stile quasi mozartiano ed uno scintillante quanto drammatico Presto, una specie di “moto perpetuo” in forma-sonata.
Nelle Romanze senza parole - Mendelssohn ne ha scritte 48 - il pianoforte canta e al tempo stesso si accompagna magistralmente. In particolare in queste è facile percepire la reciproca influenza di un compositore sull’altro.
Le Varations sérieuses op. 54 sono un’opera profondamente ispirata e magistralmente costruita. Mendelssohn raggiunge livelli eccelsi nell’arte della variazione padroneggiando sia tutti gli stili del passato e del presente - dal corale figurato, al fugato, alla romanza, al preludio, allo studio romantico - sia una tecnica pianistica multiforme ed innovativa. Le variazioni si susseguono senza soluzione di continuità conferendo al brano un carattere quasi rapsodico.
Di Schumann è qui proposta un’opera emblematica: Le danze dei “Fratelli di Davide”, i quali nel programma filosofico-estetico del compositore rappresentano appunto l’innovazione, la sincerità, l’espressione delle mille sfaccettature dell’animo umano in Musica, e combattono idealmente (come nel Carnaval op. 9) contro “i Filistei”, ossia gli accademici, i falsi e i compositori di musica “alla moda” o “di facile ascolto”. Ognuno dei 18 brani porta in calce la firma di uno dei due pseudonimi di Schumann (in alcuni casi di entrambi): l’introverso, tenero, sognatore Eusebio o l’estroverso, energico e appassionato Florestano. La prima edizione è preceduta da un Antico detto che spiega la poetica della raccolta: in ogni età / gioia e dolore si mescolano / resta pio nella gioia / e sii pronto al dolore con coraggio”. All’inizio del nono vivacissimo brano Schumann scrive: “Qui concluse Florestano, e le sue labbra tremarono dolorosamente”. All’inizio dell’ultimo, invece: “Anche se non vi era più nulla da aggiungere, Eusebio volle concludere mentre i suoi occhi brillavano per l’immensa beatitudine”.
Il concerto si chiude, nel segno di Florestano, con la brillantissima Toccata op. 7, in cui il giovane compositore sperimenta un virtuosismo arduo e scomodo. Non a caso Schumann, in quegli stessi anni, dopo aver provato a migliorare la propria tecnica pianistica anche con strani esperimenti ed essersi provocato una lesione all’anulare della mano destra, abbandonò la carriera di pianista per dedicarsi solo alla composizione.

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