(Pietro Suma alla batteria, foto collezione privata V. Suma)
L'Amarcord di oggi è dedicato a Pietro Suma, meglio conosciuto come "Mestru Pietre u bicchjerare", batterista del complesso musicale Le bicchjerare. Pubblico anche una piccola intervista pubblicata sul volume "Le bicchjerare: Il quartetto Suma di Ceglie tra cronaca e storia"
(Pietro Suma alla batteria, foto collezione privata V. Suma)
Pietro, in che periodo si è
formato il quartetto?
“Il quartetto si formò negli
anni del secondo dopoguerra, quando Omobono, Michele e Vincenzo iniziarono a
suonare. Dopo qualche tempo mi associai anche io con la batteria. La musica che
proponevamo era di facile ascolto e ci siamo esibiti in tutti i paesi della
provincia di Brindisi ma anche in quelle di Taranto e Bari. Durante gli
intervalli, eseguivo delle macchiette e delle imitazioni, in particolare
personaggi della nostra città di Ceglie”.
Eravate tutti autodidatti?
“Sì, eravamo tutti
autodidatti; soltanto Vincenzo aveva preso, per poco tempo, lezioni di musica
dal maestro Vitantonio Vitale”.
Chi era il punto di
riferimento del complesso?
“Il trascinatore del
quartetto era Vincenzo con la sua fisarmonica. Con il suo strumento dava
sicurezza agli altri componenti. Nelle occasioni più importanti, si
affiancavano anche altri musicisti: Antonio Ciracì alla tromba, Pompeo Agosto
al sax contralto, Domenico Gasparro al sax soprano, Vincenzo di Noi alla
tromba, Vincenzo Amico al canto, Giuseppe Spalluti al sax tenore”.
Con le vostre esibizioni
avete animato la vita musicale leggera della nostra città per vari decenni. In
quali occasioni era maggiormente richiesto il quartetto?
“La nostra musica portava
allegria a questa città! Ci siamo esibiti in numerosi avvenimenti: feste di
matrimonio, battesimi, comunioni, cresime, feste di campagna, feste di carnevale
e veglioni. Di carnevale suonavamo anche per le strade del paese. Allestivamo
un finto carro funebre e iniziavamo a suonare. Intorno si radunava tantissima
gente. Ad ogni piazzetta che incontravamo, io eseguivo anche delle macchiette.
Ci siamo esibiti anche nella caserma dei Carabinieri di Brindisi, in occasione
della festa dell’Arma e ad una festa della Polizia a Brindisi. Suonavamo anche
durante gli spettacoli del circo che in quegli anni si stabiliva nel luogo dove
attualmente si trova la Villa Centopini”.
È noto che il vostro
complesso era così richiesto che bisognava scritturarlo alcuni mesi prima della
data stabilita della manifestazione. Quante volte suonavate nell’arco di una
settimana?
“Sì è
vero, in alcuni periodi le richieste erano davvero tante. Alle volte avevamo
tutta la settimana impegnata. Una volta abbiamo fatto tre feste di matrimonio
in un giorno. Ricordo che fui contattato per una festa di matrimonio, che si
doveva svolgere in campagna, nei pressi di Ceglie. La festa doveva iniziare intorno
alle nove di mattina e doveva terminare verso le due del pomeriggio. La sera,
alle nove, invece, dovevamo suonare ad un’altra festa di matrimonio in contrada
Fumarola. Ma, alle tre di pomeriggio dello stesso giorno, ricevo un’altra
richiesta. Si trattava di un’altra festa di matrimonio che si doveva svolgere
presso il Teatro Orchidea di Ostuni. Io accettai, perché quelli erano tempi
difficili e i soldi servivano. Però, fu davvero duro affrontare quel giorno.
Infatti, la sera eravamo tutti stanchi, il caldo della giornata era stato
asfissiante (eravamo a luglio), e ad un certo punto perdemmo la concentrazione. Lo sposo si
lamentava perché la musica non era ottima. A questo punto
cercammo di trovare una soluzione. Io avvistai alcune brocche di acqua fresca e
chiesi allo sposo di portarne un paio. Ci siamo lavati la faccia per combattere
l’afa e, piano piano, abbiamo riacquistato freschezza e concentrazione,
necessarie per portare a termine la festa: suonammo fino all’una di notte.
Un’altra volta, invece, ci
esibivamo ad un matrimonio in quel di Manduria. All’epoca, nelle feste il vino
buono non mancava mai e l’autista che ci accompagnava ne abusò a tal punto che
non era più in grado di guidare. Quella notte restammo circa due o tre ore
fermi; aspettammo che l’autista si riprendesse dalla piccola sbornia. Episodi
curiosi e momenti belli di una vita che era fatta di cose semplici e di gesti
spontanei”.
Quanto era l’onorario del
vostro complesso?
“Non avevamo una tariffa
fissa. Alle volte andavamo a suonare per 300 lire; altre, anche per 400 lire”.
Suonavate anche in occasione
della partenza dei ragazzi per il servizio di leva. Come si svolgevano queste
feste?
“In quegli anni i giovani,
prima di partire per il servizio militare, organizzavano una festa e invitavano
parenti, amici e vicini di casa. Di solito, le feste si svolgevano in campagna
o in case private. Durante la festa si faceva una colletta per pagare il
complesso”.
Memorabile resta
l’esibizione del quartetto durante la diretta della trasmissione che accompagnò
la telesquadra dal palco del Teatro Comunale di Ceglie. Che cosa ricorda di
quell’avvenimento?
“Quella fu davvero
un’esperienza unica. Ancora oggi a distanza di tanti anni, provo orgoglio e una
certa emozione nel ricordare quell’avvenimento. Per prepararci bene a questo
evento abbiamo fatto un mese di prove”.
Quando avete deciso di
fermarvi?
“Noi ci siamo esibiti
saltuariamente fino alla metà degli anni ’80. Però, già agli inizi degli anni
’60, Vincenzo lascia temporaneamente la musica per intraprendere l’attività di
commerciante ambulante. Al suo posto subentrò un fisarmonicista di Martina
Franca. Sarebbe stato un peccato se il complesso si fosse sciolto
completamente. Avremmo perso tutto il prestigio conquistato con tanti anni di
lavoro. Nel 1964 io mi trasferii a Milano per lavoro e il complesso fu portato
avanti da Omobono, Michele e Vincenzo che, nel frattempo, era rientrato”.
La tradizione musicale della
famiglia, ancora oggi, viene portata avanti dal figlio di Vincenzo, Claudio Suma
e dal nipote, Vincenzo Suma.
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